La lezione con la professoressa di italiano comincia alle nove, ma sono già tutti collegati alle otto e mezza. Qualcuno sta ancora facendo colazione, uno si sta vestendo, un altro si lava i denti. Ma attraverso la piattaforma si vedono e parlano, raccontandosi. Ridono. Soprattutto, ridono.
Giulio segue bene le lezioni, dice che è divertente vedere come la prof sia a volte un po’ maldestra nel gestire le tecnologie. Questo tempo lo sta facendo maturare tantissimo, si sta appassionando allo studio. Gli manca la scuola, anche le interrogazioni, soprattutto i suoi amici.
Per Claudia i pomeriggi sono lunghi, a volte si annoia. Dopo i compiti, i giochi con la mamma che per fortuna non lavora, qualche partita con gli elettronici e qualche pagina del libro che sta leggendo. A volte lascia quello che sta facendo e si mette a ballare in giro per la casa senza un motivo apparente, senza musica, seguendo un ritmo tutto suo.
A Matteo manca il pallone, i pomeriggi con i compagni di squadra, le partite della domenica con i genitori che facevano il tifo. Gli manca anche l’allenatore che li obbligava a fare mille giri di corsa intorno al campo. Ha imparato che può scendere nel piccolo cortile e tirare una pallina contro il muro. Suo padre chiama questo gioco “Pimpinella” e dice che da piccolo ci giocava sempre.
Poi ci sono Elia e Alessia, che non capiscono perché non possono andare al centro giochi, ma per fortuna la mamma è sempre con loro e fanno tantissime cose insieme: cucinano, leggono le fiabe, dipingono sporcandosi. A loro mancano gli altri bimbi, i nonni che prima vedevano sempre e anche la tata che chissà perché non viene più.
I bambini, di qualunque età, risentono dell’ansia e dello stress che questa emergenza ha portato nelle nostre vite. E per questo è necessario riuscire a comunicare loro la verità in modo da rendergliela comprensibile senza spaventarli, attraverso per esempio l’uso di metafore o storie.
Il film “La vita è bella” di Benigni ci insegna come anche un evento tragico possa per un bambino diventare quasi un gioco, se lo raccontiamo nel modo giusto.
Fra le tante risorse disponibili per aiutare i genitori a raccontare ai più piccoli cosa stiamo vivendo in questi giorni, ho trovato efficace la “Guida Galattica al coronavirus”, sviluppata dai musei dei bambini (Children’s Museum Verona, Explora, La Città dei Bambini e dei Ragazzi e MUBA); la trovate qui: https://www.muba.it/it/attivita/guida-galattica-al-corona-virus
In generale, possiamo dire che i bambini hanno bisogno di informazioni chiare e soprattutto vere, che possano comprendere in base alla loro età. Per questo motivo, è consigliato che non vengano esposti da soli alla pioggia di notizie cui siamo sottoposti: sarebbe meglio informarsi insieme, non più di due volte al giorno, spiegando loro quanto si sta ascoltando o leggendo. Devono sapere cosa succede, ma è necessario preservarli dall’inquietudine o, peggio, dall’angoscia; osserviamo quindi le loro reazioni e stiamo attenti al loro livello di ansia.
Facciamoli parlare e comunicare, anche attraverso disegni, e soprattutto ascoltiamoli, cercando di interpretare cosa hanno capito. Quello che dicono è sempre degno di essere ascoltato senza essere minimizzato o ignorato. Ricordiamo loro che la paura è un’emozione naturale e utile, soprattutto in un momento come questo, e che la proviamo anche noi adulti, ma che possono sempre contare su di noi per imparare a gestirla e condividerla.
Non è necessario allertare i più piccoli: possiamo aiutarli ad applicare con attenzione le norme igieniche senza introdurre nuove paure.
È altrettanto importante restare positivi, spiegare che ci sono tante persone che si stanno impegnando per risolvere questa emergenza, che assistiamo quotidianamente a bellissimi atti di generosità ed altruismo. Leggiamo loro le storie positive di chi combatte il virus in prima linea: operatori sanitari, medici, scienziati, ricercatori, persone che mettono la propria creatività al servizio della comunità in questa battaglia comune.
I bambini assorbono i nostri stati d’animo con grande intuitività: sarebbe importante che non percepissero nell’adulto angoscia ma padronanza di sé. Se non riusciamo a calmare noi stessi, non potremo dare loro un senso di sicurezza (per questo è di fondamentale aiuto il confronto con i familiari, gli amici ed eventualmente uno specialista).
Parliamo del fatto che questo virus non ha niente a che vedere con l’aspetto e le origini delle persone: è fondamentale che i nostri bambini non stiano sperimentando o alimentando bullismo e discriminazione, e nel caso dovrebbero sentire di poterne parlare con noi.
È importantissimo aiutarli a mantenere la routine quotidiana, fatta anche di lezioni con gli insegnanti e momenti di studio e di gioco.
Dal momento che non è possibile seguire lo sport preferito, è consigliato costruire un’abitudine quotidiana all’esercizio fisico. Fare ginnastica insieme può essere un modo scanzonato e molto salutare per stare insieme, ed esistono molte applicazioni per smartphone che possono facilitarci in questo.
Costruiamo o manteniamo i riti prima di andare a dormire, così da accompagnarli verso il sonno nel modo più sereno possibile.
Le fiabe non danno al bambino la prima idea di uno spirito cattivo. Ciò che le fiabe danno al bambino è la prima chiara idea della possibile sconfitta dello spirito cattivo. Il bambino conosce dal profondo il drago, fin da quando riesce ad immaginare. Ciò che la fiaba gli fornisce è che esiste un San Giorgio che uccide il drago (da G. K. Chesterton, The red angel)