Ho avuto l’enorme fortuna di partecipare a un interessantissimo webinar organizzato da Istituto di Psicologia Applicata, dove ho avuto l’opportunità di riascoltare Roger Solomon, dopo averlo conosciuto qualche anno fa in occasione di un workshop di due giorni sull’elaborazione con l’EMDR del lutto complicato.
Roger Solomon è psicologo e psicoterapeuta, specializzato nelle aree del trauma e del lutto, lavora moltissimo con il metodo EMDR ed è famoso a livello internazionale. Viene abbastanza spesso in Italia e parla molto bene la nostra lingua, ma è comunque molto piacevole ascoltarlo anche in inglese, perché il suo modo di comunicare è come lui: comprensibile, limpido, generoso. Solomon parla lentamente, si sincera sempre che le persone davanti a lui lo capiscano, è arguto e ironico, tiene viva l’attenzione dell’interlocutore con il suo atteggiamento divertito e pungente, senza perdere un grammo della professionalità che lo contraddistingue. Ho la sensazione di essere al cospetto di un gigante.
L’argomento di questo webinar era “Trauma e Resilienza”.
Solomon ci invita innanzi tutto a riconoscere che tutti noi stiamo sperimentando in questo periodo la perdita: della vicinanza fisica con famiglia e amici, delle nostre routine quotidiane e sociali, della libertà che abbiamo in parte perso, della sensazione che il mondo è sicuro, prevedibile, delle persone che sono venute a mancare. Ci sentiamo perduti e impotenti perché i nostri cari soffrono e non possiamo fare molto per aiutarli. Se qualcuno di vicino a noi è mancato, non possiamo andare al funerale.
In definitiva, la vita come la conoscevamo è cambiata.
Solomon ha quindi parlato dell’atteggiamento di cui abbiamo bisogno in questo momento.
La resilienza è l’abilità di mantenere un alto livello di emotività positiva e di benessere anche in momenti di avversità significative. Per questo occorre avere elasticità: la capacità di tendersi come un elastico per poi usare le risorse che si hanno per tornare allo stato naturale senza rompersi. Potere quindi adattarsi per poi potere tornare all’occorrenza a quello che eravamo.
Anche le persone resilienti sperimentano lutti e emozioni disturbanti, specialmente adesso, ma queste emozioni non persistono e si può imparare da esse, trovare un significato e uscirne più forti.
Nel cosiddetto modello salutogenico è presente il concetto secondo cui la resilienza e il benessere sono connessi al senso di coerenza di una persona, grazie al quale la situazione che crea uno stress prolungato viene vissuta dalla persona come comprensibile, gestibile e con un significato.
La coerenza ci porta a comprendere. Cosa è successo, come è successo, perché è successo.
Capire cosa succede è calmante e ci fa sentire più in controllo. Non sappiamo forse perché è successo, ma sappiamo sicuramente il come. Per esempio, oggi noi capiamo che c’è una situazione pericolosa e che è per questo che dobbiamo stare a casa e indossare mascherine.
La coerenza ci porta inoltre a sentire che ciò che accade è gestibile, grazie ai molti modi che abbiamo per poter pensare a questa situazione.
La coerenza porta anche a qualcos’altro di davvero importante: il significato positivo. L’impatto che ha questo evento su di noi va capito, e quando ne diventiamo consapevoli e lo accettiamo, perché è reale, allora possiamo iniziare a elaborare un piano per gestirlo e provare a trasformarlo in un’esperienza positiva, dal momento che questo è lo stato delle cose.
Sappiamo che il trauma può portare a una crescita positiva, perché affrontare un trauma rinforza la capacità di gestire le circostanze avverse, aiuta a mettere la vita in prospettiva, e molte persone ne escono con un aumentato senso di competenza e resilienza proprio perché sono sopravvissute.
Salvatore Maddi, un vecchio professore di Roger all’Università di Chicago, condusse uno studio su un ampio campione di persone che persero il lavoro in una grande compagnia. Studiò le differenze fra chi ne uscì meglio e chi meno, e elaborò il concetto di hardiness o resilienza.
Il primo concetto importante è quello di impegno: io sono importante, io conto, io valgo, la mia famiglia è importante cosi come la mia vita. E proprio partendo da questi assunti di base, io potrò impegnarmi per affrontare e gestire il problema.
In secondo luogo, il controllo: io mi riconosco la capacità di influenzare la situazione, in senso positivo così come in senso negativo.
Roger Solomon ci invita a fare un piccolo esercizio: pensiamo alla situazione attuale, a quale sia la sua parte peggiore. E adesso pensiamo a tre o quattro modi in cui potremmo peggiorare la situazione. E poi pensiamo invece a altrettanti modi attraverso i quali potremmo renderla migliore. E magari qualche idea potrebbe uscire… A volte focalizzarci sul peggio può fare emergere in automatico ciò che invece può aiutarci a migliorare.
Molti di noi si sentono impotenti e vulnerabili, e questo è parte costitutiva del concetto di trauma.
Ci sono cose che accadono sulle quali non abbiamo controllo, ma quello che possiamo fare e focalizzarci sul controllo che invece abbiamo, per esempio avere una routine, degli impegni programmati.
Adesso viviamo una situazione di perdita della routine e dei rituali. Quello che possiamo fare è costruircene e inventarcene di nuovi. Svegliarsi allo stesso orario di sempre, fare esercizio fisico alla stessa ora tutti i giorni organizzandosi dentro casa, facendo flessioni, o camminando molto veloce attorno al tavolo della sala da pranzo. Poi fare la doccia, e successivamente colazione.
Pensiamo a una routine che possiamo costruire nella nostra giornata! Dando struttura al nostro tempo, e impegnandoci a seguirla, ci farà sentire più in controllo.
E poniamo in questa struttura i nostri rituali sani: impegniamoci nell’attività fisica che ci aiuta a sentirci meno impotenti e più forti, leggiamo un libro, connettiamoci con altre persone grazie a internet per bere un caffè virtuale insieme, o pranziamo con qualcuno cucinando qualcosa di speciale, beviamo un bicchiere di vino rosso insieme, comunichiamo con i nostri amici. Almeno cinque minuti al giorno, per vedere che effetto ci fa, e vedere se poi vogliamo continuare o fermarci, se ci piace o no: possiamo scegliere, e anche questo è esercitare un controllo, un antidoto alla nostra sensazione di vulnerabilità e impotenza. In questo modo possiamo gestire la paura.
Un altro concetto importantissimo è quello di sfida: gestire il problema imparando da esso, crescendo grazie ad esso, e in virtù di questo occuparsi della situazione con impegno.
Ricordiamoci inoltre che quello che sta succedendo può funzionare da detonatore per farci tornare a ricordi di altre situazioni in cui ci siamo sentiti impauriti, impotenti e vulnerabili. Possiamo cercare di identificare quando è stato che ci siamo sentiti così in passato, magari facendoci aiutare da un professionista. Capire questa connessione può aiutarci moltissimo nel presente.
Vivere “un giorno alla volta”: aiuta moltissimo. Pianifichiamo pure qualcosa per domani, ma il nostro focus deve rimanere principalmente sul far passare la giornata di oggi.
E non perdiamo i contatti con i nostri affetti. Noi siamo programmati biologicamente per attaccarci agli altri quando siamo sotto stress. È confortante sentirsi vicini ad altre persone e condividere. Quindi cerchiamo di connetterci con gli altri.
Quindi virtualmente prendiamoci a braccetto e andiamo avanti!